FAQ - Domande frequenti sul kit di strumenti

 

1. Cosa si intende con campagna finalizzata al cambio di narrazione? 

Una campagna finalizzata al cambio di narrazione è una campagna che punta alle emozioni, al pathos coinvolgente, per raccontare storie vere con l’intento di creare un sentimento empatico che faccia facilmente presa sul pubblico, in modo quasi naturale1 . Dopo aver rotto il ghiaccio e aver creato empatia, si aggiunge un elemento dissonante che sfida le persone a pensare in modo diverso; questa è l’apertura creata da un simile approccio. Portando questo approccio negli spazi in cui i segmenti centrali della popolazione si sentono inclusi, possiamo avviare un dialogo e avere una discussione aperta e approfondita su qualsiasi argomento. A differenza di altri approcci usati di solito in contesti simili, questo tipo di campagne non adotta un linguaggio analitico/cognitivo limitandosi a citare fatti e numeri, sfatare luoghi comuni e menzionare diritti, ma si richiama ai sentimenti.
 

2. Cos’è il centro fluido? 

Nella maggior parte degli stati europei, si tratta di un 60-70% della popolazione (in Italia il 48%2 ) che, sul tema migratorio, non è interessato, informato o partecipe ma è influenzabile dai media a larga diffusione, e per questo motivo è definito fluido.

 

3. Un approccio di riformulazione non è alla fine solo una manipolazione, poco etica, del dibattito pubblico?

Un argomento frequentemente citato quando si parla di riformulazione è l’etica: non ci comportiamo proprio come alcuni politici che fanno propaganda? La risposta è: atteniamoci ai fatti. Esistono realtà, necessità e prassi che smentiscono questa critica e che possono tutelarvi da simili accuse. 

Innanzitutto, la realtà è che la politica e i dibattiti ad essa connessi non riguardano mai solo i fatti. I valori delle persone coinvolte (di tutti gli schieramenti) li (e ci) spingono a dare rilevanza e attenzione a elementi e risultati diversi. La ricerca ha dimostrato per esempio che le persone con lesioni nella parte del cervello deputata a elaborare le emozioni non riescono a decidere tra due fatti contrapposti e questo suggerisce che valori, emozioni e schemi mentali siano una parte essenziale di qualsiasi processo decisionale politico3 .

In secondo luogo e in termini pratici, le associazioni impegnate in campagne pubbliche con cui lavoriamo sono chiaramente orientate verso i valori e i risultati, piuttosto che impegnate a schierarsi in modo fazioso (p. es. si confrontano con il liberalismo e non con il partito dei liberali) e questo vale per tutte le organizzazioni della società civile che cercano di mantenere un certo grado d’indipendenza4 . Attenersi sempre a questa linea permette di difendersi dalle accuse di propaganda e, come suggerisce l’organizzazione americana Common Cause5 , in questo approccio è anche fondamentale essere completamente trasparenti su ciò che si fa, a chi ci si rivolge e perché6 .

Infine, chi fomenta posizioni contrarie all’immigrazione ha sfruttato con discreto successo l’emotività delle persone ed esiste la reale necessità di cambiare il clima che si respira e di riequilibrare il dibattito pubblico7 .

 
4. Quali narrazioni possiamo adottare per cambiare velocemente il dibattito pubblico in tema di migrazione? 

Qualcuno potrebbe pensare che l’approccio di riformulazione sia un po’ come usare una “formula magica” per cambiare un dibattito pubblico in pochi giorni. Lakoff  riassume molto bene la vera sfida:
 
“La riformulazione non è un processo per nulla semplice o scontato. Non si tratta di inventarsi qualche parolina magica. Gli schemi mentali sono idee, non slogan. Per cambiarli bisogna accedere alle convinzioni inconsce già presenti nella nostra mente e in quella di chi la pensa come noi, prenderne consapevolezza e ripeterle finché non entreranno a far parte del discorso pubblico. Tutto ciò non accadrà da un giorno all’altro, ma attraverso un processo graduale che necessita dedizione, costanza e attenzione”8 .
 
L'approccio di riformulazione non è una bacchetta magica. Servono tempo, impegno e fatica per cambiare il discorso pubblico e “resettare” le aspettative attraverso un approccio comunicativo strategico.

 

5. Tutti questi discorsi sugli schemi mentali non sono un po’ fumosi, poco chiari e dimostrabili?

Indubbiamente è un argomento oggi molto di moda e qualcuno potrebbe amplificare o minimizzare la complessità dell’approccio, come se fosse un modo per rimediare in poco tempo a problemi sociali molto complessi. Purtroppo non è così. Tuttavia, l’adozione di questo approccio nelle campagne è qualcosa di relativamente nuovo che, con un significativo investimento di tempo, energia e risorse, ha dimostrato di dare i suoi frutti nell’attuale clima di faziosità e populismo.

Sostanzialmente, in tanti riconoscono che la riformulazione produrrà nuove soluzioni da mettere sul tavolo, se vengono accettati definizioni o schemi mentali diversi sulla questione. Il dibattito attuale su come trattare le droghe è un esempio classico di come lo stesso problema sociale possa essere visto come un problema di criminalità o un problema medico/di riduzione del danno e, in base a come viene inquadrato, portare a una serie completamente diversa di opzioni/soluzioni. Sfruttare la motivazione e le condizioni che permettano di far accettare schemi più inclusivi non può che apportare un contributo positivo. È poi fondamentale effettuare una valutazione approfondita delle campagne, di qualsiasi tipo siano, per dimostrare l’efficacia dell’approccio utilizzato. 

 

6. Che differenza c’è tra narrazione, discorso e schema mentale?

L’analisi del discorso è lo studio dell’uso che viene fatto del linguaggio, mentre la narrazione si riferisce principalmente alle storie che usiamo per spiegare agli altri delle questioni, come ad esempio i temi caldi della politica (anche se in questa seconda accezione discorso e narrazione possono essere usati in modo intercambiabile e spesso gli accademici lo fanno). Gli schemi mentali sono storie/narrazioni radicate nella comunità che nel tempo diventano parte della nostra identità e alla fine anche del nostro buon senso (per maggiori informazioni rimandiamo alla nostra definizione di schemi mentali).


7. Perché nel kit di strumenti non si distingue tra rifugiati/richiedenti asilo e migrazione/integrazione/inclusione?

In tema di mobilità umana, molte associazioni ritengono importante distinguere chiaramente tra richiedenti asilo e il fenomeno più ampio di migrazione/inclusione/integrazione. Tuttavia, nel dibattito pubblico raramente simili distinzioni sono rispettate o comprese e, per inserirci in questo spazio, dobbiamo inizialmente gestire questa visione più confusa del fenomeno. C’è chi sostiene addirittura che la migrazione sia un argomento di confronto così scottante da avviare discussioni molto più ampie sulla natura e la visione che abbiamo di “noi” nella società. Ci teniamo quindi a chiarire che quando parliamo di “dibattito sulla migrazione”, parliamo della zona grigia del discorso pubblico, ma siamo anche convinti che un maggior coinvolgimento delle persone permetterà, a lungo termine, di far comprendere e usare meglio la distinzione tra le varie terminologie.